Buona parte della infrastruttura a temperatura controllata nei paesi in via di sviluppo deve ancora essere costruita. Questo include non solo strade, ferrovie, reti elettriche e idriche, ma anche una catena del freddo per cibo e medicinali, reti di raffrescamento per centri commerciali e altri edifici. Tecnologie innovative potrebbero qui fornire la soluzione per creare il „freddo pulito“ su ampia scala e contribuire cosí in modo sostenibile ai Global Goals per estirpare fame e povertà. I vantaggi di interventi in questa direzione sarebbero enormi per ambiente, popolazione e anche per l’economia. Visti, infatti, i numeri, si prospettano ampie possibilità di business per le aziende in grado di fornire queste tecnologie.
Un paio di esempi:
- Il 70% dell’India è ancora da costruire in termini di infrastrutture a temperatura controllata. Lo afferma un rapporto di McKinsey Global Institute e lo stesso vale per Bangladesh e Indonesia.
- Si calcola che in Cina ci siano 66.000 veicoli che servono una popolazione di 1,3 miliardi di persone; in India ve ne solo solo 9.000 per una popolazione altrettanto ampia; in Francia vi sono invece 140.000 veicoli per “soli” 66 milioni di abitanti.
- L’India avrebbe bisogno di costruire 70.000 magazzini refrigerati, aggiungere 53.000 unità alla flotta refrigerata e costruire centri di stoccaggio per almeno 3 milioni di merci.
- L’azienda britannica Dearman prevede che le unità per il trasporto refrigerato potranno crescere globalmente passando da 4 milioni a 18 milioni entro il 2030;
- Bangladesh, Pakistan, Filippine e Vietnam stanno aumentando la propria capacità di rigassificazione di gas naturale. I cascami di freddo di questo processo potrebbero essere recuperati liquefando aria o azoto e usando il gas liquido come “storage” di freddo. Le proiezioni, inoltre, dicono che l’India importerà cinque volte tanto gas liquefatto nel 2040 rispetto ad oggi. I cascami di calore di tali quantità potrebbero fornire freddo per almeno 211 mila camion refrigerati.
Questi ed altri smetti sono iscritti nel documento pubblicato dall’università’ di Birmingham, QUI